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Mario Salvi 21 anni Roma, 7 aprile 1976 In occasione dell’esame del caso dell’anarchico Giovanni Marini da parte
della Cassazione, la sinistra rivoluzionaria organizza un presidio
davanti alla sede della corte, il Palazzaccio di piazza Cavour a Roma.
Condannato in appello a nove anni di reclusione, Marini è accusato di
aver reagito a un assalto fascista, disarmando del proprio coltello il
giovane missino Carlo Falvella e ferendolo a morte durante la
colluttazione. Il fatto avviene nel luglio 1972 a Salerno, in un clima
di forte tensione creato nella città dalle numerose azioni squadriste:
aggressioni a militanti della sinistra, devastazioni di sedi politiche e
incursioni nelle redazioni di giornali. Marini, che nel 1975 vince il Premio Viareggio per la poesia con il volume E noi folli e giusti, prima dell’arresto era impegnato in una controinchiesta sull’anomalo incidente stradale che nel 1970 aveva provocato la morte di cinque anarchici calabresi, nei pressi di Roma, dove si stavano recando per consegnare alcuni documenti, mai ritrovati, sulle stragi che iniziavano a insanguinare l’Italia. Il «caso Marini» assurge in quegli anni a simbolo dell’antifascismo militante, producendo una mobilitazione molto sentita non solo nell’area anarchica e della sinistra rivoluzionaria, ma anche nel mondo della cultura. Il 7 aprile 1976, dopo la conferma della condanna da parte della
Cassazione, un gruppo di militanti dei Comitati Autonomi Operai decide
di staccarsi dal presidio di piazza Cavour per effettuare un’azione
dimostrativa contro il Ministero di Grazia e Giustizia. Mario, armato di
pistola, copre altri compagni, che lanciano alcune bottiglie
incendiarie verso il lato posteriore dell’edificio, senza provocare
danni. L’agente di polizia penitenziaria Domenico Velluto, in servizio
davanti al Ministero, si getta all’inseguimento dei giovani che fuggono. In via degli Specchi, ormai lontano dal luogo in cui erano state tirate
le molotov, la guardia carceraria apre il fuoco uccidendo con un colpo
alla nuca il giovane comunista Mario Salvi, soprannominato il Gufo,
ventuno anni. Inizialmente militante di Lotta Continua, Mario se ne era
distaccato con altri compagni, entrando in contatto nel quartiere con
Stella Rossa, e collaborando prevalentemente su iniziative antifasciste. Successivamente era passato al Comitato Proletario Zona Nord, una struttura del quartiere di Primavalle legata all’Autonomia Operaia. Nella borgata Mario è cresciuto, fra quei proletari extralegali che ha sempre cercato di politicizzare. Militante duro e allegro, tenace e ironico, è attivo nelle lotte del
movimento, guida con decisione il servizio d’ordine nelle manifestazioni, scontri con i fascisti ma anche con il Pci,
sabotaggi alle centraline della Sip dei quartieri borghesi e altre
iniziative in difesa delle autoriduzioni. Duri scontri scoppiano a Roma dopo l’assassinio di Mario. Arrestato il
15 aprile su ordine del sostituto procuratore Gianfranco Viglietta con
l’accusa di omicidio preterintenzionale, il secondino viene scarcerato
alla fine di agosto per motivi di salute e in virtù di un “sincero
pentimento”. L’8 luglio 1977 la Corte d’Assise lo assolve
definitivamente per aver fatto uso legittimo delle armi. La sera stessa
della sentenza, verso le ventidue, un giovane irrompe nella trattoria Sora Assunta,
nei pressi di Campo de’ Fiori, dove Velluto stava festeggiando, e spara
contro di lui alcuni colpi di pistola. Il secondino ne esce indenne, ma
i proiettili feriscono a morte un suo amico. Giovanni Marini, segnato dalla dura detenzione, muore stroncato da un infarto nel dicembre 2001, a cinquantanove anni. da larossaprimavera.org |