Franco Serantini 21 anni
Pisa, 7 maggio 1972
50 anni fa, sabato 12 dicembre 1970, nel primo anniversario
della strage di Piazza Fontana (Milano, 12 dicembre 1969, 17 morti)
a Milano nel corso di una manifestazione veniva ucciso dalla
polizia Saverio Saltarelli, di 23 anni, di Pescasseroli d’Abruzzo,
studente al terzo anno di giurisprudenza alla Università Statale di
Milano, comunista internazionalista.
Perché Saverio era in piazza in
quel 12 dicembre?
Saverio venne ucciso dalla polizia mentre manifestava per
ribadire la matrice reazionaria e fascista della strage del
dicembre precedente; denunciare la morte di Giuseppe Pinelli per
defenestrazione nella questura di Milano; solidarizzare con gli
anarchici Valpreda, Bagnoli, Borghese, Di Cola, Gargamelli, Mander,
incolpati della strage senza alcuna prova o indizio e da
quasi un anno incarcerati in attesa di giudizio.
Oggi sembra strano, ma cinquanta anni fa la convinzione dell’innocenza
degli anarchici era condivisa da pochi.
50 anni fa, sabato 12 dicembre 1970, nel primo anniversario
della strage di Piazza Fontana (Milano, 12 dicembre 1969, 17 morti)
a Milano nel corso di una manifestazione veniva ucciso dalla
polizia Saverio Saltarelli, di 23 anni, di Pescasseroli d’Abruzzo,
studente al terzo anno di giurisprudenza alla Università Statale di
Milano, comunista internazionalista.
Perché Saverio era in piazza in
quel 12 dicembre?
Saverio venne ucciso dalla polizia mentre manifestava per
ribadire la matrice reazionaria e fascista della strage del
dicembre precedente; denunciare la morte di Giuseppe Pinelli per
defenestrazione nella questura di Milano; solidarizzare con gli
anarchici Valpreda, Bagnoli, Borghese, Di Cola, Gargamelli, Mander,
incolpati della strage senza alcuna prova o indizio e da
quasi un anno incarcerati in attesa di giudizio.
Oggi sembra strano, ma cinquanta anni fa la convinzione dell’innocenza
degli anarchici era condivisa da pochi.
50 anni fa, sabato 12 dicembre 1970, nel primo anniversario
della strage di Piazza Fontana (Milano, 12 dicembre 1969, 17 morti)
a Milano nel corso di una manifestazione veniva ucciso dalla
polizia Saverio Saltarelli, di 23 anni, di Pescasseroli d’Abruzzo,
studente al terzo anno di giurisprudenza alla Università Statale di
Milano, comunista internazionalista.
Perché Saverio era in piazza in
quel 12 dicembre?
Saverio venne ucciso dalla polizia mentre manifestava per
ribadire la matrice reazionaria e fascista della strage del
dicembre precedente; denunciare la morte di Giuseppe Pinelli per
defenestrazione nella questura di Milano; solidarizzare con gli
anarchici Valpreda, Bagnoli, Borghese, Di Cola, Gargamelli, Mander,
incolpati della strage senza alcuna prova o indizio e da
quasi un anno incarcerati in attesa di giudizio.
Oggi sembra strano, ma cinquanta anni fa la convinzione dell’innocenza
degli anarchici era condivisa da pochi.
50 anni fa, sabato 12 dicembre 1970, nel primo anniversario
della strage di Piazza Fontana (Milano, 12 dicembre 1969, 17 morti)
a Milano nel corso di una manifestazione veniva ucciso dalla
polizia Saverio Saltarelli, di 23 anni, di Pescasseroli d’Abruzzo,
studente al terzo anno di giurisprudenza alla Università Statale di
Milano, comunista internazionalista.
Perché Saverio era in piazza in
quel 12 dicembre?
Saverio venne ucciso dalla polizia mentre manifestava per
ribadire la matrice reazionaria e fascista della strage del
dicembre precedente; denunciare la morte di Giuseppe Pinelli per
defenestrazione nella questura di Milano; solidarizzare con gli
anarchici Valpreda, Bagnoli, Borghese, Di Cola, Gargamelli, Mander,
incolpati della strage senza alcuna prova o indizio e da
quasi un anno incarcerati in attesa di giudizio.
Oggi sembra strano, ma cinquanta anni fa la convinzione dell’innocenza
degli anarchici era condivisa da pochi.
La vita e la morte di Franco Serantini, il ragazzo di vent'anni,
sardo, figlio di nessuno, anarchico, colpito a morte dalla polizia a
Pisa il 7 maggio 1972, sembrano una storia ottocentesca, ai limiti
dell'invenzione settaria. Una storia priva com'è di ogni luce, colma
soltanto di violenza, di ingiustizia.
Serantini nasce a Cagliari il 16 luglio
1951. Abbandonato all'orfanotrofio vi resta due anni. Dato in custodia a
due coniugi siciliani, vive serenamente in quell'isola, sino a quando
la nuova "madre" si ammala e muore. Nel 1955 il bambino viene così
affidato all'Istituto del Buon Pastore della città sarda in un quartiere
chiamato "Il Giorgino", una landa desolata in un paesaggio
nordafricano.
È un ragazzino taciturno, infelice,
bisognoso di affetto, in perenne conflitto con le suore che lo ospitano.
Il tribunale dei minori lo destina al riformatorio di Pisa, il San
Silvestro.
La vita di Franco muta rapidamente. In
quella città ardente, una delle capitali della contestazione
studentesca, si trova a suo agio. Pisa lo affascina, è la scoperta del
mondo: si sente uguale agli altri, senza più quel marchio rovente di
figlio di nessuno: n.n.
Studia, prende la licenza media, legge,
la passione per la politica si accende anche in lui. Non ama la
violenza, frequenta i giovani comunisti, poi i giovani socialisti,
approda a Lotta Continua, il movimento egemone. È inquieto, detesta i
capi, si avvicina agli anarchici. Si dà da fare, donatore di sangue,
cameriere a Viareggio, lavora in un ufficio di perforazione schede,
scrive su un quaderno tutto quello che gli salta in testa, piazza
Fontana è il suo tema prediletto. Riesce a comprare un motorino, un Ciao
usato color blu. La felicità.
Il 7 e l'8 maggio 1972 si
svolgono le elezioni politiche nazionali. La campagna elettorale è
aspra, e alla vigilia del voto è in programma a Pisa un comizio
fascista. Tre ore di guerriglia tra i giovani extraparlamentari e la
polizia.
Franco Serantini è immobile sul Lungarno Gambacorti. Avrebbe potuto
fuggire facilmente nei vicoli della Nunziatina, il quartiere popolare
alle sue spalle, quando sente i passi dei poliziotti. Gli saltano
addosso almeno in dieci, lo tempestano di colpi, coi calci dei fucili,
i manganelli, gli scarponi, i pugni. Con ferocia, con crudeltà
riversano su quel ragazzo inerme e solo tutta la loro furia e le loro
frustrazioni. Viene massacrato, i 55 rilievi eseguiti sul cadavere nel
corso dell'autopsia fanno da specchio al linciaggio. I medici, di lunga
esperienza, rimangono atterriti.
Rinchiuso nel carcere Don Bosco, Serantini sta visibilmente male. Il
magistrato che lo interroga non si accorge di nulla, anche se il
ragazzo non riesce nemmeno a tenere la testa sollevata. Chiuso in cella
di isolamento, il medico gli prescrive una borsa di ghiaccio da mettere
sul capo. Nient'altro. Muore alle 24 e 45 del 7 maggio.
da rivista il mulino
|