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Storia di un processo mai svolto

Le indagini

Dalla sera stessa dell’omicidio di Walter , la magistratura ha caratterizzato le indagini  su tre direttive principali:

1 - La non premeditazione dell’omicidio

2 - La delimitazione dei confini della responsabilità al solo esecutore materiale dell’omicidio

3 - Non approfondire il ruolo e le eventuali responsabilità delle forze di polizia presenti prima, durante e dopo sul luogo dell’assassinio.

Tendenze che hanno portato alla definitiva archiviazione del procedimento penale, nonostante le successive dichiarazioni dei pentiti, tra le quali spicca quella di Cristiano Fioravanti , che evidenziavano le responsabilità sia organizzative che esecutorie di molti altri fascisti.

La prima fase si concluse con il proscioglimento dei missini arrestati la notte tra il  30 settembre e il 1 ottobre 1977 nella sede del MSI di Balduina. Malgrado le evidenti contraddizioni degli interrogatori, le numerose testimonianze che confermavano l’agire collettivo e lo scopo comune del gruppo fascista dal quale vennero esplosi i colpi di pistola, la certezza di più pistole presenti (oltre ai proiettili cal. 9 corto, furono ritrovati un bossolo di 7,65 e un proiettile inesploso cal. 22), nonostante la positività del guanto di paraffina a carico di uno degli imputati (Riccardo Bragaglia ), i fascisti furono tutti prosciolti dall’accusa di omicidio volontario. Rinviati a giudizio solo per  rissa, furono successivamente assolti anche da questa accusa, anche se il giudice in quella occasione richiese la riapertura del procedimento per omicidio, evidenziando l’impossibilità della non corresponsabilità. Richiesta respinta.

La seconda fase si aprì nel 1981 con le dichiarazioni di alcuni pentiti (Di Mango , Trochei, Serpieri ) che indicarono in uno dei fratelli Fioravanti  e in Alibrandi i possibili assassini di Walter .

Interrogato in proposito nell’aprile del 1981, Cristiano Fioravanti  ammise la sua partecipazione ai fatti del 30 settembre 1977, accusò Alessandro Alibrandi  di essere colui che esplose i colpi della calibro 9, Massimo Sparti  di avergli fornito una pistola cal. 7,65 e Fernando Bardi colui che deteneva la Beretta mod. 34 usata da Alibrandi .

Clamorosa fu l’azione del G.I. che alla richiesta di emissione di mandato di cattura da parte della Procura della Repubblica per tre dei quattro fascisti implicati, emise ordine di arresto solo per Fioravanti e Sparti  inviando una semplice comunicazione giudiziaria a Alibrandi , malgrado fosse il principale accusato.

Dal momento delle dichiarazioni di Fioravanti  (aprile 1981) si attese addirittura Luglio per emettere mandato di arresto anche per Alibrandi  Ovviamente irreperibile, Alibrandi era nel frattempo espatriato in Libano, dopo una breve permanenza a Londra, trovando accoglienza come molti altri fascisti, nei capi di addestramento militare dei cristiano-maroniti. Alessandro Alibrandi

La protezione di cui godeva Alessandro Alibrandi  non si fermava nell’ambito della magistratura romana, dove il padre, famoso per le sue non nascoste simpatie di destra esercitava la professione di giudice, ma si allargava anche alla questura se, come sembra, la sua fuga fu permessa dall’emissione di un regolare passaporto dopo la sua incriminazione per omicidio.[1]

Alibrandi rientrò in Italia verso la fine dello stesso anno e morì in uno scontro a fuoco con la polizia il 5 dicembre del 1981.

La sua morte chiuse definitivamente il procedimento per l’omicidio di Walter, ritenuto l’unico ed il solo responsabile, il procedimento fu archiviato senza arrivare mai in una sala dibattimentale.

Cristiano Fioravanti, Massimo Sparti  e Fernando Bardi  furono giudicati solo per i reati concernenti le armi e condannati a lievi pene (Fioravanti a 9 mesi e 200.000 lire di multa).



[1] Questo episodio è da confermare perché raccolto da voci giornalistiche.

Continua...