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Storia di un processo mai svolto

Millenovecentosettantasette

Riappropriarsi della storia, una storia vissuta in prima persona, è un modo per documentare stati d’animo e pensieri, per informare le generazioni future di un possibile verità su un periodo della nostra giovinezza vissuta con tanto ardore ed entusiasmo soffocati da eventi forse più grandi di noi.

Di fronte a tale obiettivo non dobbiamo lasciarci prendere da sentimentalismi o ricordi fini a se stessi, ma prendere atto con scientifica crudezza ciò che veramente sono stati gli anni cosiddetti  di “piombo”, in particolar modo l’anno 1977.

Le istituzioni

In quell’anno ci furono grossi mutamenti in atto nello stato e nei partiti “statalizzati”. La politica era gestita da un governo delle astensioni, cioè il monocolore democristiano a guida Andreotti , sorretto dall’astensione di tutti i partiti di quello che allora si definiva l’arco costituzionale. Un governo nato dalle elezioni del 20 giugno 1976, il primo governo dopo il 1948, con il PCI non all’opposizione.

Un sistema di democrazia “conflittuale” controllata, dovuta proprio all’ingresso del PCI nel governo. Cosicché i dirigenti e i singoli militanti del PCI si sono distinti per la difesa di ogni istituzione statale, per la volontà di repressione di molte lotte, per la asfissiante sollecitazione ai “sacrifici” rivolta ai lavoratori.

Il culmine del processo involutivo del PCI sarebbe stato rappresentato dalla legislazione di emergenza che nel ’77 diventa la base dell’accordo fra i partiti dell’arco costituzionale ed è stata la condizione per la cooptazione del PCI nell’area democratica e di governo: per la prima volta nella sua storia il PCI si è dichiarato favorevole a un massiccio restringimento delle libertà e delle garanzie costituzionali e si è impegnato in campagne ideologiche – ultima quella del referendum sulla legge Reale – dirette ad alimentare consenso popolare nei confronti del processo di restaurazione autoritaria.

ANDREOTTI G .         Presidente del Consiglio

COSSIGA F .              Ministro degli Interni

FANFANI A .             Presidente del Senato

INGRAO P.                 Presidente della Camera

MALFATTI                 Ministro Pubblica Istruzione

L’appoggio comunista alla politica del  governo fa si che il conflitto si concentra verso il PCI oltre che verso la DC e lo stato. Tale scontro, nella sua applicazione concreta, ha prodotto centinaia di morti e feriti e nella stragrande maggioranza dei casi decisamente innocenti. E’ chiaro che si da alle forze di polizia l’impressione dell’impunità, si legittima l’uso dispiegato delle armi.

La gestione dell’ordine pubblico si fa pressante ed univoco verso la repressione di ogni contrapposizione al sistema. La legge Reale (1975) è la prima legge eccezionale per la tutela dell’ordine pubblico, chiamandola ordine pubblico costituzionale. Ciò significa ordine gerarchico di una società pacificata nelle sue contraddizioni di classe, attraverso militarizzazione e repressione feroce, portando di fatto alla trasformazione dello stato di diritto in stato di polizia.

Per i poliziotti e carabinieri che uccidono non solo immunità della pena, ma addirittura immunità dal processo.

Ci sono grosse restrizioni contro chi manifesta il dissenso a tale sistema, ad esempio:

articolo 5 riguardante i manifestanti

<<E’ vietato prendere parte a pubbliche manifestazioni svolgentesi in luogo pubblico o aperto al pubblico facendo uso di caschi protettivi o con il volto in tutto o i parte coperto mediante l’impiego di qualunque mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona……..>>.  Legge Reale  firmata da Leone , Moro, Gui. Nel febbraio del ’76 viene nominato ministro dell’interno Cossiga  dal governo presieduto da Andreotti . A Roma il 2 febbraio ’77 vi è la prima apparizione dei poliziotti in borghese delle squadre speciali di Cossiga .

1977

Il quadro politico istituzionale si complica per effetto di un importante elemento di scontro fra stato e studenti: alla camera la commissione pubblica istruzione impegna Malfatti  a sospendere a tempi indeterminato la circolare sui piani di studio. La circolare vietava agli studenti di fare più esami nella stessa materia, e smantellava di fatto la liberalizzazione dei piani di studio in vigore dal ’68. Il progetto prevedeva l’introduzione di due livelli di laurea; la suddivisione dei docenti in due ruoli distinti (ordinari e associati); la creazione di una gerarchia piramidali di organi di gestione, dove ai professori ordinari era garantita la maggioranza; il controllo rigido sui piani di studio da parte dei docenti, l’abolizione degli appelli mensili e il raggruppamento degli esami in due sessioni estiva e autunnale; l’aumento delle tasse di frequenza, restando inalterato il fondo per gli assegni di studio.

5 febbraio ’77 primo divieto di manifestare.

15 aprile ’77 il progetto di riforma Malfatti  viene approvato dal consiglio dei ministri.

La vita politica e soprattutto sociale si configurava per opposte fazioni le quali necessariamente dovevano entrare in conflitto e quindi non vi era possibilità di crescita se non ad un caro prezzo.

La Piazza

La contestazione studentesca inizia sostanzialmente con il ferimento di Guido Bellachioma , studente del collettivo di Lettere dell’università di Roma, durante un’incursione nella città universitaria da parte dei fascisti del Fuan. A Lettere si discuteva della circolare Malfatti  e delle iniziative da intraprendere fra le quali l’abrogazione della stessa , l’autogestione dei seminari, garanzie per il no intervento della polizia nell’Università e creazione di un servizio d’ordine contro le provocazioni.

Intanto si alza il livello di scontro ed aumentano le aggressioni in varie parti della città, vi sono le prime avvisaglie della copertura delle forze dell’ordine in fatti delittuosi da parte dei fascisti.

Un pomeriggio si tiene un presidio antifascista davanti all’istituto Fermi, contro il comizio di Almirante a Monte Mario. Alcuni fascisti della sezione del MSI di via Assarotti sparano contro i militanti di sinistra sotto gli occhi della polizia che presidia la sede missina. Verso le 17,30 alcune centinaia di giovani assaltano la sede del MSI. La polizia spara ed alcuni giovani e dei passanti vengono feriti. Sul posto vengono  ritrovati 200 bossoli di pistola.

Intanto la protesta contro la circolare Malfatti  si estende alle scuole medie e molti istituti vengono occupati dagli studenti che praticano l’autogestione. Le autogestioni impongono una presenza costante negli istituti e ciò favorisce la vulnerabilità degli occupanti di fronte alle incursioni dei fascisti.

Si registrano i primi assalti alle scuole; davanti al Mamiani due giovani vengono feriti dai colpi di pistola di un commando fascista, uno in modo grave; al liceo Augusto un gruppo di missini della vicina sezione di via Noto aggredisce gli studenti con una fitta sassaiola.

Gli studenti di sinistra sono bersaglio continuo da parte dei fascisti anche lontano dalle sedi scolastiche. Infatti a Roma, il 29 marzo, una squadra di fascisti delle sezioni missine di via Ottaviano e Balduina, va all’assalto di un ristorante frequentato da militanti si sinistra, all’arrivo della polizia i fascisti si coprono la fuga sparando raffiche di mitra, provocando il ferimento di un agente e di un giovane di passaggio. Altri intanto trovano riparo in una chiesa di via della Conciliazione, dal tetto sparano raffiche di mitra contro le volanti della polizia. Vengono arrestati undici fascisti, tra cui il figlio del giudice Alibrandi , che saranno rilasciati dopo pochi giorni.

Nel frattempo il ministro dell’interno Cossiga  inasprisce i provvedimenti sull’ordine pubblico fino a vietare a Roma le manifestazioni per tutto il mese di maggio.

Il 12 maggio, nella ricorrenza della vittoria referendaria sul divorzio, i radicali indicono una festa a piazza Navona a cui aderisce anche l’assemblea dell’università e i gruppi della nuova sinistra. Scoppiano gravi incidenti tra i partecipanti e la polizia, rinforzata nell’occasione da squadre “speciali” di poliziotti camuffate da manifestanti. La manifestazione viene attaccata a piazza Navona e a Campo di Fiori. A ponte Garibaldi le squadre speciali cossighiane uccidono Giorgiana Masi , studentessa di 19 anni del liceo Pasteur di Monte Mario. Gli scontri durano fino a tarda notte, almeno quattro manifestanti e un carabiniere vengono feriti da colpi di arma da fuoco.

Il 16 maggio Cossiga  rivendica la legittimità delle squadre speciali e nega che i poliziotti abbiano fatto usa delle armi, viene smentito vergognosamente dalle foto e dai filmati che testimoniano l’uso massiccio delle armi da parte sia dei poliziotti in divisa che da quelli in borghese, quest’ultimi significativamente abbigliati come i manifestanti; il questore stesso conferma la presenza di almeno trenta agenti in borghese durante gli scontri.